Lamione Giannone |
La Padula |
In Puglia si definiscono lame i solchi erosivi poco profondi, tipici del paesaggio pugliese, in cui corsi d’acqua effimeri convogliano le acque meteoriche dall’altopiano della Murgia verso il mare. Sono denominate lame anche i tratti terminali delle gravine, termine che designa invece incisioni profonde con sponde ripide.
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L’area de la “Padula” (o Palude) è situata a poche decine di metri dal tratturo dell’Appia-Traiana, vicinissima alla provinciale per Mariotto, in una depressione naturale da cui il nome, in quanto in passato (ma accade anche oggi), in caso di piogge abbondanti, l’area diveniva un laghetto o per l’appunto una palude. Quando allagata ed in determinati periodi dell’anno è un luogo di sosta anche per alcuni uccelli migratori come l‘Airone Cenerino.
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Santuario di Sovereto |
Chiesa di S. Maria di Cesano |
La sua fondazione, nel 1100, si fa risalire alla leggenda del ritrovamento di un'icona sacra rappresentante la Madonna Nera con il Bambino. È leggendario il rinvenimento, poco dopo l’Anno Mille, in una grotticella del Sovero, a 3 km da Terlizzi, di una sacra icona bizantina raffigurante una Vergine Nera con il Bambino, più conosciuta sotto la denominazione di “Madonna di Sovereto”, divenuta poi patrona della città. Della chiesa primitiva è rimasta intatta l’abside d’epoca medievale con monofora a spina di pesce, mentre nell’atrio compreso fra il santuario e gli edifici adiacenti si possono ammirare testimonianze epigrafiche ed eleganti bifore. Sono, inoltre, presenti degli stucchi rococò che rivestono le pareti e incorniciano archi e finestre e l’effigie marmorea del celebre clinico Michele Lamparelli. Fra contorni di prodigio e di mistero si stagliano però anche pagine interessanti si storia vissuta: l’ecclesia Sancte Marie de Suberito (costruita presumibilmente intorno ai primi del secolo XII) accanto alla quale sorsero nel tempo l’ospedale per l’assistenza ai pellegrini e le due comunità religiose, quella dei Frati Gerosolomitani e quella delle Monache dette di S. Marco, che configurarono una particolare e alquanto rara istituzione nota con il nome di monasterium duplex. Si vuole che un pastore Bitontino si sia spinto un giorno con il suo gregge fino al bosco del Sovero, nelle vicinanze di Terlizzi, lasciando quindi che le pecore vi pascolassero liberamente. Venuto il momento di radunarle si accorge, costernato, che ne manca una. Posto al sicuro il resto del gregge, và in cerca della pecora perduta, senza darsi più pace, finchè, attratto da un lamentevole belato, non la ritrova con una zampa attanagliata in una fenditura della sodaglia del bosco, dove più fitta era la vegetazione di una vasta macchia di cespugli. Nell’atto di aiutarla a liberarsene vede filtrare dalla buca un misterioso raggio di luce. Tra lo stupore e il riverenziale timore, in presenza dell’arcano evento, si adopera febbrilmente, come può, con le mani e con il suo bastone, ad allargare la buca, accorgendosi ben presto che questa immette in una grotticella praticata in una anfrattuosità del sottosuolo carsico. Come sospinto da una forza misteriosa si cala nella grotticella e vede sul fondo, appoggiata su uno sperone di roccia, con accanto una fiammella, una bella immagine della Vergine con il Bambino. Nella piena dei sentimenti di religiosa pietà, che inondano il suo animo semplice e devoto, piega inavvertitamente le ginocchia in atto di venerazione e di sommessa preghiera. Corre poi pieno di gioia a comunicare a quanti incontra sulla strada il fatto miracoloso del rinvenimento della Sacra Icona. La notizia si sparge in un baleno, facendo accorrere sul posto dalle città di Bitonto e Terlizzi autorità, clero e popolo. Mentre la sacra icona, caricata omai dalla concezione popolare di poteri miracolosi, è fatta oggetto di spontanea devozione, già si accende tra i maggiorenti delle due comunità l’aspra contesa, che porterà alla prova del giudizio di Dio e al verdetto inoppugnabile della sua assegnazione al popolo Terlizzese. Venne infatti fatto ricorso ad un mezzo pacifico e di assoluta imparzialità, quale poteva essere appunto una coppia di buoi, uno di Terlizzi e l’altro di Bitonto, che, aggiogati a un carro agricolo e posti sul bivio che conduceva ai due paesi, sarebbero stati lasciati liberi di dirigersi dove avessero voluto senza alcun condizionamento da parte dell’uomo. Il verdetto di Dio (dal Latino ordalia) sarebbe stato espresso con l’approdo all’uno o all’altro paese e pacificamente accolto come tale dalle due comunità. Avvenne che i due buoi, sul principio, avevano tirato decisamente diritto per la via che conduceva a Bitonto, ma che, poi, quello di Terlizzi, riavutosi dall’iniziale sbandamento, abbia inferto una improvvisa e violenta incornata al suo compagno, sfondandogli un occhio e obbligandolo a prendere definitivamente la via per Terlizzi. Il trionfale ingresso di quel carro debitamente adorno di fronde e di fiori campestri, recante la sacra effige della Madonna di Sovereto, tra il tripudio, la commozione e le preghiere di una folla festante, ha segnato nel corso dei secoli un evento tra i più emblematici della storia del folklore regionale e nazionale, quale è appunto tutto il ciclo della festa patronale che rievoca in date diverse il rinvenimento della Sacra icona e la conclusione del Giudizio di Dio con la tradizionale processione dell’Imponente Carro Trionfale.
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Immerso negli uliveti in uno spazio di ottomila metri quadrati sorge in unoasi di serenità e pace, il complesso monumentale di Cesano costituito dalla chiesa preromanica intitolata alla Visitazione di Maria SS. a S.Elisabetta e dalle residue testimonianze di un insediamento monastico benedettino. Autentico gioiello di arte preromanica la ecclesia Sancte Marie de Cisano, con affreschi absidali di notevole valore, viene ricostruita nel secolo XI sui resti di una preesistente chiesa mariana, grazie alla generosità di un capo Normanno, Umfredo, terzogenito di Tancredi dAltavilla, con diritto di questultimo di patronato laicale sulla chiesa, redatto su pergamena nellottobre del 1055 vero e proprio atto di nascita della chiesa. Qualche decennio più tardi il duca di Puglia Ruggero Borsa, figlio di Roberto il Guiscardo, donò la chiesa con tutti i suoi beni dotali al monastero benedettino di Aversa che qui a Cesano vi edificarono sulla fine dello stesso secolo un priorato di cui restano i ruderi e le alte mura di cinta tutte in pietra a secco. Questa donazione fu confermata da Federico II con suo diploma del 1223. La chiesa in stile preromanico presenta nel suo aspetto esteriore la figura di una fortezza, per essere stata sovrapposta sulle sue murature frontali, sin dalla fine del ‘400 e per contingenze storiche, una grande torre di difesa. Centro di culto e di pellegrinaggi per centinaia di anni, e’ stata nel dopoguerra abbandonata a se stessa, finchè dal piu assoluto degrado in cui versava si decise di riportarla all’antico culto e al suo innato splendore e così partì il progetto per il recupero. Tuttora la chiesa e’ meta di pellegrini che percorrono la via Francigena.
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