Torre Carrieri |
Torre di Cela |
Antica torre dalla tradizionale pianta quadrangolare tipica delle strutture di avvistamento e difesa del tempo, risulta particolarmente interessante perché la facciata principale è caratterizzata da un piccolo ingresso, abbellito da un architrave su cui è scolpita la data 1621, anno di costruzione della torre.n L’illuminazione interna è assicurata da una piccola feritoia sovrastante l’ingresso, dalla quale, in caso di attacco era possibile utilizzare un archibugio restando al riparo. Internamente, oltre a varie nicchie, sul lato sinistro si possono ancora scorgere i resti di un grande focolare. Sul lato opposto si nota la classica botola per la scala retrattile, attraverso la quale si giungeva al piano superiore. Le origini della torre sono ignote. L’edificio sembra trarre il nome dalla famiglia Carrieri o Carriero, antica casata originaria del Veneto, trasferitasi in Puglia e presente, soprattutto, nella vicina Giovinazzo dove fu decorata del titolo nobiliare.
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Situata lungo l’omonima strada vicinale, Torre Cela, tipico esempio di masseria fortificata con torre ed annesso corpo di fabbrica (edificato in epoca successiva XVI sec.) è databile al XV secolo. Struttura in pietra a secco, con pianta quadrangolare, si sviluppa su tre livelli collegati attraverso una botola ed una scala interna in muratura. Ai primi due livelli sono presenti ambienti voltati a botte e provvisti di focolare e pozzo. Il terzo livello è privo della zona terminale di coronamento e versa in pessime condizioni di stabilità. A pianterreno vari accessi immettono nei locali destinati a depositi, stalle, magazzini, tra cui un bel portale ad arco a sesto ribassato. Vari finestroni panoramici, sottolineati da cornici in pietra, presenti su ogni lato, abbelliscono l’antica struttura. L’antico feudo, su cui sorge la vetusta torre, apparteneva alla nobile famiglia Verità, originaria di Sorrento ed approdata a Bitonto nel XIII secolo con gli Angioini. Tale feudo, alla morte di Paolo De Veritate, venne ereditato, nel 1477, dal primo genito Mariotto, da cui successivamente prese il nome la relativa frazione bitontina. Anticamente nel cortile di detta torre, vi era una piccola cappella, oggi purtroppo scomparsa, oggetto di sante visite vescovili (1652 visita pastorale di Mons. A. Crescenzio), dedicata a San Giorgio taumaturgo (Dottore Greco), al cui interno, sull’altare, si poteva ammirare l’immagine del Santo unitamente a quella della Vergine. Nel XVI secolo, molti ricchi ebrei si rifugiarono nel nostro territorio preferendo le torri vedetta considerate più sicure dai feroci assalti pirateschi, e prevedendo inaspettate incursioni nascondevano i propri oggetti preziosi in impensabili nascondigli. In quegli anni, purtroppo, vari casali furono sopraffatti dagli assalitori, i quali trucidarono gli ebrei che vi si erano rifugiati, perdendo così per sempre la memoria di questi ricchi nascondigli. Leggende popolari narrano favolosi ritrovamenti di casse ricolme di tesori nascoste dagli ebrei, rinvenute da contadini all’interno delle torri abbandonate (“torre Cascione “, “ torre Cappavecchia”, ecc.). Anche qui, all’interno di torre Cela, una leggenda vuole che vi sia nascosto (celato) un misterioso tesoro.
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Lazzaretto |
Chiesa di S. Angelo di Bellarotula |
Fuori dell’abitato bitontino, in contrada “il Petraro”, sulla via di Palo (S.P 119), vi residuano i resti di un antico lazzaretto adibito a ricovero per i malati infettivi, i quali dovevano essere tenuti lontani dal perimetro urbano bitontino. Edificato presumibilmente alla fine del XIV secolo, dotato di cisterna per l’approvigionamento idrico, era caratterizzato da diversi ambienti adiacenti nei quali erano sistemati numerosi giacigli in paglia utilizzati per distendere i malati, e che successivamente alla loro morte, unitamente ai propri abiti ed oggetti personali venivano bruciati nell’antistante piazzetta. Il complesso, racchiuso in alte e tozze mura, nelle quali si apriva un portale ad arco divenuto nell’immaginario dei malcapitati infetti la porta dell’inferno era sorvegliato a debita distanza da una vera e propria cintura di sicurezza di cavallari e milizia urbana comandate dal canonico Antonio Capirro. Quest’ultimo, il 27 gennaio del 1482 si impegnava a servire di notte e di giorno, tutti gli uomini affetti dal terribile morbo o sospetti tali, provvedendo in ultimo a seppellirli in fosse comuni situate nelle immediate vicinanze del lazzaretto. Lo stesso inoltre si impegnava durante il periodo dell’epidemia a restare all’interno del lazzaretto e di non entrare nella città di Bitonto per un compenso mensile di 15 tareni di carlini al mese più le spese per il vitto. Sul finire dell’ottocento il lazzaretto fu ampliato tramite l’addossamento di nuovi ambienti caratterizzati da un paramento murario in tufo, i quali, unitamente a tutta la struttura durante il secolo scorso, in ragione del miglioramento delle condizioni sanitarie della popolazione, furono dismessi ed abbandonati.
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A pochi chilometri dalla città di Bitonto, in contrada San Nicola Vecchio, sorge l’antica chiesetta rurale di Sant’Angelo di Bellarotola. Edificata presumibilmente agli inizi del quattrocento, presenta una struttura molto semplice caratterizzata da un tozzo paramento murario costituito da conci calcarei appena sbozzati a martelletto e disposti a filari con i piani di posa paralleli, pianta rettangolare, volta a botte, dotata di una rara ed interessante copertura a spioventi con sottilissime “chiancarelle”. Tramite un piccolo portale si accede all’interno della struttura, le cui pareti sono prive di affreschi, forse un tempo presenti. Alle spalle della struttura è presente una capiente pescara, coperta dalla classica vera con foro circolare, dalla quale la comunità circostante attingeva l’acqua. Le origini della chiesetta sono ignote e la storiografia locale poco ci dice in proposito.
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